Aggiornamento #10

Avvertenze: questo post contiene le migliori frasi che potrete sentire soltanto da minatori messicani sottopagati. Se siete particolarmente suscettibili o avete bimbi che possono leggere, evitate.
Buonciao pelli pampini.
Due aggiornamenti in un solo mese.
Incredibile.
Mi sento tanto Berlusca che va di rete in rete per farsi fare domande che già conosce, che con la sua monoespressione mica si capisce se è sorpreso.
Secondo me per le elezioni si metterà a cantare I'm a prima donna, I can rule the world che nemmeno l'Aguilera.
Speriamo che almeno lui i pantaloni se li metta, anche perché non vorrei perda il Tena Lady.
E, per la cronaca, nell'ottica della politica italiana togliere l'IMU vuol dire mettere altre tasse che ricadono sempre su di noi, e ok che l'abitazione è un diritto e la birra il fine settimana no, però il cetriolo scivola sempre in .... all'ortolano.
Minchioni sciocchezze a parte, abbiamo superato la fine del mondo e son passate le feste, o quasi.
Stavo per dire in sordina, ma 'sti cazzi.
Cioè non abbiamo fatto grandi cose in famiglia e questo è solo che un plus valore.
Tanto cibo, qualche regalo apprezzato, rilassatezza generale.
Penso sia stato così più o meno per tutti, no?
A Natale.
Ma dopo di cose ne sono successe.
Dall'incastrarmi ad una sedia in pizzeria, al bruciarmi la lingua col miele, dal bloccare il pin della Genius Card, ad un'alternanza di stati confusional-depressivi non ben identificati.
E con non ben identificati si legga non voglio sbandierarlo troppo in rete.
Ah eccerto, l'influenza.
Che avrei troppa fortuna se mi venissero 40 di febbre e moribondo starei a letto a scrivere le mie ultime volontà.
Invece no.
Mal di testa, bruciore agli occhi, spossatezza, una grattugia in gola e tante mazzate sulla schiena e le ginocchia.
Twitter ormai è il mio muro del pianto.
A proposito, mi seguite su Twitter? Seguitemi.
Nota positiva è che a breve arriveranno gli sconti e quest'anno ho deciso di farmi qualche regalo, anche perché l'alternativa sarebbe iniziare ad andare in giro in mutande.
Ormai vivo nel terrore di arrivare in ritardo ai saldi e non trovare più nulla.
Me lo incubo la notte.
E bòn.
E' passato Natale e Santo Stefano, ci resta solo capodanno e l'epifania e questo periodo potrà andare far in the cool, come disse una volta Patrizia De Blanck.
Ecco, capodanno.
A me partono, del tutto a random, pesanti volgarità quando mi sento chiedere che farò a capodanno.
Volgarità che soffoco dietro un sorriso sbilenco per non perdere il mio aplomb.
Non è tanto per la questione organizzare qualcosa, che a me piace pure uscire (ma non ballare), quanto per la necessità dell'evento.
Come se essendo capodanno sia un dovere costituzionale far qualcosa.
Che poi finisci agli stessi posti di sempre, solo che hai pagato il doppio per entrare, devi aspettare il triplo per bere e ti ritrovi spiaccicato ad un tipo dall'ascella pezzata che fa a gara con la De Filippi dopo una maratona.
E il giorno dopo saremo gli stessi poracci di sempre, quindi che cacchio ti festeggi?
Ecco io inizio a pensare che l'influenza sia un rigetto del mio corpo al capodanno.
Almeno ora alla domanda
Che farai a capodanno?
potrò rispondere
Credo che snifferó paracetamolo, ti unisci?
A presto bellini.



Pensieri da una cattiva digestione.

Avete presente quando un piatto di vetro cade a terra?
È un casino.
Si divide in mille frammenti.
Tantissimi.
Schegge acuminate.
In quell'esatto momento il mondo sembra fermarsi.
L'unica cosa che si muove è quel piatto.
Cade.
Subito dopo silenzio.
Come se il piatto volesse farsi notare.
Un piatto.
Vi pare possibile?
In quel secondo, l'unica cosa che vorresti è che nessuno abbia visto o sentito.
Che nessuno si sia fermato nell'istante in cui il piatto ha toccato il suolo, infrangendosi.
E cerchi subito di raccogliere i cocci.
Nessuno deve sapere nulla.
Però finisci per trovare pezzetti ovunque anche giorni e giorni dopo.
Questo é ciò che accade quando ti si spezza il cuore.
Il tuo corpo si riempie di schegge che pungono acuminate.
Puoi provare a raccoglierle ma rischierai di pungerti ogni volta.
L'unica strada è trovare qualcuno, potrebbe essere chiunque, che ti aiuti a raccogliere i pezzi e prenda meticolosamente i piatti dalla credenza.

Il problema è capire chi sia.

Faithful friends who are dear to us gather near to us once more....

Sol perché le mie campane a festa, quest'anno, hanno più il suono di unghie sulla lavagna, non vuol dire che debba essere maleducato.
Quest'anno è stato strano, un po' per tutti.

Siamo blogger, ma siamo prima di tutto persone.
Dietro ad uno schermo, a delle parole scritte ci sono delle vite che molte volte non possono essere incluse in un semplice post.
Per me quest'anno è iniziato bene, ma è finito nello scatafascio nel giro di qualche mese, sotto tanti punti di vista.
Tanti pensieri.
In parte li sapete anche voi, in parte non li so nemmeno io.
Ma lasciano comunque un non tanto vago retrogusto di angoscia e nostalgia.
E ho preferito tenere il Natale lontano da me, come non ho mai fatto da che ho memoria.
Ho capito solo dopo perché.
Sarebbe stato come avere sempre sotto gli occhi qualcosa che vorrei, ma non ho.
Ma questi come sempre sono fattacci miei che non c'entrano nulla.
E nulla miei cari.
Io spero che voi possiate passare il Natale e le feste che verranno con le persone che davvero desiderate avere al vostro fianco, che davvero amate.
Che mettiate da parte i problemi, la crisi, l'IMU che tanto già avete dovuto pagare, i conti in tasca che ci fanno i giornali a noi morti di fame e non a quei agtdehcudbpienidisoldidhfsy e vi prendiate un giorno di sano relax a bere e mangiare e ad essere sereni.
Forse chiedo troppo, e non so dirvi io stesso come fare.
Ma se ci riuscite, fatemi sapere come avete fatto e cercate di protrarre, di preservare questo stato d'animo per tutto l'anno.
Lo so, sono pessimo a fare gli auguri, poco credibile e devo anche soffiarmi il naso, ma

Buon Natale!


Blog Diamond Award

E nella serie infinita di post che non riuscirò a partorire vista l'imminente dipartita dell'Universo, che i Maya ci hanno dolcemente scaricato sul groppone come la peperonata alle undici di sera, ci sono i ringraziamenti per i premi ricevuti. 
Quindi, onde evitare che il tutto mi si ripercuota sulle successive reincarnazioni, mi porto avanti e ringrazio Misciu per il Blog Diamond Award.
Dopo lunghe ed estenuanti ricerche, ho scoperto che, tale onorificenza, è un po' come la raccolta punti al supermercato.
Ma senza padelle e frullatore a 3000 punti più 56 euri, che dici, me lo vado a comprare e faccio prima.
Un premio per la fedeltà, per la presenza sul blog altrui.
E poi l'immagine è figa.
Quindi mio caro Misciu io ti ringrazio e, benchè non commenti spessissimo sul tuo blog, sappi che ti leggo sempre, anche quando parli di telefilm che non ho mai visto, o di patonza #questasconosciuta.
Il premio richiede che lo rigiri a 5 blogger, e io, sperando che non siate tutti lì a snodare le lucette per l' albero comprate dai cinesi, nomino più o meno a caso

La Rockeuse 
Diario di una ex Stacanovista 
Cara Lilli... 
Le divagazioni di una fatina ARANCIONE
Romeo's Blog

Con questo vi saluto, vi ringrazio e ci sentiamo presto.



At first sight I felt the energy of sun rays
I saw the inside your eyes
Eye to eye, so alive
We’re beautiful like diamonds in the sky


Citare Rihanna ormai fa poeta.

Amami se hai coraggio (2003)

Sabato è stata una serata tranquilla, che non guasta mai.
Hot dog e film con amici.
Quanto amo gli hot dog.
Questa volta abbiamo visto Amami se hai coraggio.


Julien è un bambino allegro, vispo, sveglio, con un' abnorme immaginazione. 
Vive con sua madre, che purtroppo si trova agli ultimi giorni della sua vita, da cui ha ereditato la fantasia, e suo padre, un tipo burbero, pragmatico, forse all'antica ma giustamente teso, conoscendo la sorte della moglie.
Un giorno Julien incontra Sophie, una ragazzina di origini polacche, sbeffeggiata dai compagni di scuola proprio per la sua nazionalità.
Fra i due scatta subito un forte legame, e inizia così il gioco.
Al ritmo del "giochi?" infatti i due si sfidano ad una gara al rilancio in marachelle.
Da bambini è tutto un divertimento: dal fare i monelli a scuola, al saltare le lezioni di violino. 
Il problema diventa far gli adulti.
Infatti, crescendo, sarà la loro vita a diventare una eterna sfida, fino a farsi male, fino a non saper distinguere il limite fra realtà e gioco.
L'amicizia e l'amore si mischieranno all'odio, al rancore, al distacco anche a lungo nel tempo, fino al definitivo ed eterno ricongiungimento.
In un quadro ricco di allegorie, dove i colori e la luce distinguono un'ottica fanciullesca dal grigiore della maturità, vengono dipinti personaggi che restano bozze.
Una madre malata di non si sa cosa, che non difende il figlio dai rimproveri del marito.
Un padre che non riesce ad educare suo figlio, ma che anzi lo accusa, di punto in bianco e ingiustamente, di essere il colpevole della morte della moglie.
Un figlio, Julien, immaturo, indeciso, irresponsabile, una faccia da schiaffi che non conosce l'amore e che preferisce "passare il tempo" sposandosi ( una volta e mezza) e mettendo al mondo due bambini, piuttosto che mettere da parte un orgoglio malformato per seguire quello che è il suo vero amore.
Amore però altrettanto non conosciuto da Sophie, ribelle ma viziata, anch'ella tranquilla di vivere per anni una vita non propriamente sincera. 

Anche lei orgogliosa per ammettere i propri sentimenti.
O probabilmente semplicemente incapace per una disastrosa situazione familiare.
Ma a noi non è dato saperlo. 
Una ragazza che non diventerà donna per la sua incomunicabilità.
Una storia piacevole da seguire, ma che ha bisogno dell'assurdo per uscire dal mantello della banalità, che cerca continui richiami al sogno pur guardando fermamente alla realtà.

Voto 5 e mezzo.

Lo conoscete? L'avete visto?

La Poraccitudine #7

Io non so. 
Apro un quotidiano qualsiasi e mi scappa un episodio de La Poraccitudine.
Come la scureggia dopo una fagiolata.
Tanta gioia. 
E tanta finezza.
Ormai 'sti post mi vengon così.

Berlusconi: ''Feste Arcore? Chiedo scusa, ero triste e solo''
Povero! 
Dai, organizziamo la prossima volta.
Io porto la Fanta che alle bambine piace sempre.


Che bella cera!
Tutti a strapparci i capelli, guarda! #credici

Pannella ricoverato, l'allarme dei medici: "Rischio elevato se non riprende a bere" 
Ma prova la tisanoreica. 
Sempre con questa dieta da fame!

Bravo Ratzy. 
Lo sanno tutti che la Seconda Guerra Mondiale è 
scoppiata perchè Hitler era stato lasciato 
dal suo fidanzatino polacco di origine slava.

Britney Spears è la cantante più ricca del pianeta
Ho detto CAN- TAN-TE.

Certo che hai una mira di merda.
Dovevi fare più pratica sulle tue palle.
Magari cinquanta volte, che la sicurezza non è mai troppa.




Riposate piccolini.
Questo mondo non vi merita.

Carrot Cake

Ok, premessa.
Su Facebook me ne hanno dette di ogni perché non è venuta esattamente bellissima. 

E esattamente bellissima non credo sia italiano.
Ma io non sono esattamente un cuoco e questa è esattamente la prima volta che la faccio.
Io poi non mi chiamo nè Benedetta nè Antonella.
Per fortuna.
Ma grazie al mio dono da angelo del focolare dalla perlescente epidermide meglio detto come culo, l'ho resa comunque molto buona.
Quindi comunque vale la pena condividerla.
Abbiatene timore, ve la mostro.


Ora la Carrot Cake è una torta di origine inglese e dovrebbe essere alta e trionfante come Mariah Carey #adoronominarlaacaso.
Io ho preso la ricetta da questo video di YouTube, fatta da una ragazza tando brava e tando simpatica.
Prima vi dico come si fa e poi cosa ho sbagliato fatto io.
Ecco gli ingredienti:
260 gr farina setacciata
270 gr zucchero
120 gr di noci/mandorle/nocciole
320 gr di carote grattugiate
4 uova
240 ml di olio d'oliva leggero
un cucchiaino di essenza di vaniglia o un baccello da cui estrarrete i semi
una bustina di lievito
buccia grattugiata di un'arancia
un cucchiaino abbondante di cannella
un pizzico di sale

Si può usare lo sbattitore elettrico, la planetaria o schiavizzare qualcuno affinché sbatta con la frusta a mano.
Non avendo schiavi a disposizione, ho messo le uova nella planetaria per 4 minuti affinché diventassero un composto omogeneo.
Ho aggiunto lo zucchero, e poi l'olio a filo lasciando l'impastatrice in funzione.
Ho unito la farina, il lievito, il pizzico di sale e la cannella a mano con una spatola, dal basso verso l'alto.
Poi ho aggiunto la vanillina, che mica ce l'avevo il baccello, la scorza d'arancia grattugiata, le carote, e le mandorle.
Ho oliato la teglia e ho tenuto in forno caldo a 180º per 30 minuti circa.
Si può ricoprire la torta, una volta fredda, con una crema composta da Philadelphia ( o del qualsiasi formaggio spalmabile) e zucchero a velo.

Che ho combinato io?
1) Ho dimezzato le dosi, pur tuttavia usando una teglia abbastanza grande.
2) Ho usato olio extravergine, ma non quello da supermercato. Questo non influisce sul gusto ma sull'umidità. Credo che proprio per questo mi si sbriciola facilmente. Ah e sono andato un po' ad occhio.
3) Non ho tritato abbastanza le mandorle e le nocciole, la ricetta non lo chiedeva. Fatelo.
4) Non ho tritato abbastanza sottilmente le carote. Fatelo senza trinciarvi un dito.
5) Non ho messo su la crema perché ho pensato che la torta potesse venirmi uno schifio. Poi ho pensato fosse anche meglio per farci colazione e per darla ai nonni.
6) Sono andato un po' ad occhio anche con il lievito. E si, lo so che non si va ad occhio macheduepalle.
E nulla.
Il risultato è davvero buono e leggero.
La preparazione è davvero facile e veloce.
Provatela e fatemi sapere!
Buon fine settimana.

Aggiornamento #9

Buongiorno Popolo!
Come stiamo?
Mi fa strano pubblicare un post di mattina. 

Ma son abituato a pubblicare la sera o la notte.
Nemmeno scrivessi post da 899.

I miei aggiornamenti ormai hanno assunto cadenza mensile.
Anche perchè cacchio fotte all'internet di ciò che faccio?!
Ma comunque nulla di sconvolgente al fronte.
Le mie attività predilette del periodo sono fare la massaia in casa, e in particolare piegare quantità spropositate di biancheria che l'Inter se le sogna.
Poi c'è lo studio che non mi abbandona mai.
La cosa bella della mia università è che sembra un triathlon.
Inizi a pedalare, sbatti le braccina per nuotare, ti riscaldi per correre e poi baaaam ti dicono che il tuo esame è stato rimandato.
Ed è appena successo.
Altra cosa carina è che i miei non sentono freddo.
Ora, come faccio a spiegare loro che se mi stanno gelando le chiappette, di conseguenza le mie capacità cognitive sono praticamente annullate e il mio cervello diventa un'ameba in stasi?
Mah.
Poi mi ritrovo a far assistenza agli anziani, 

aka recupero nonni che si lanciano dal letto per sistemare stufe o salire su furgoni immaginari, benché gli stessi nonni non muovano un muscolo da almeno quattro anni, oppure cerco di conversare con nonne che, con monroeniana dedizione, creano cocktail di farmaci.
No, nessuno stava tentando il suicidio. Sono solo un po' rimba.
E te credo, in due potrebbero ricordarsi la prima edizione de I Promessi Sposi.
Qui e lì qualche commissione fuori casa.
E nulla.
Le feste si avvicinano, e io non ho intenzione di far regali.

Il Natale è alle porte, e io non ho intenzione di mettere sù l'albero.
Non che a casa siamo stati mai puntuali a far l'albero o il presepe.
Quando ero bambino in genere si iniziava verso il 20 dicembre e amavo mettere a posto tutte le decorazioni, e, finché non veniva smontato, io ero sempre lì a perfezionarlo.
Che da Natale all'Epifania sembrava già un altro albero.

E i pastorelli facevano chilometri.
Ormai son più di cinque anni che faccio l'albero interamente da solo perché l'albero lo sappiamo conciare solo io e mamma, e già mamma a volte le lucette non le mette mica bene.
Quest'anno invece non sento per nulla l'atmosfera, anche passando fra le palle in vendita alla Coop.

Nulla.
L'unica cosa che mi va di fare è aspettare i saldi e fare del sano ed egoistico shopping online e non.
Poi da quando ho scoperto che l'Amazon tedesco vende l'Alverde online la mia mente è andata in stand-by, e credo ne uscirà solo quando avrò svaligiato l'agognato sito.
Altro che bacio del principe azzurro.
Ed ho una costante e inscalfibile voglia di patatine fritte.
Perennemente.

Dite che sia carenza d'affetto?
In effetti sembra ieri, e invece è già passato un anno, da quando canticchiavo questa 
sfidando gelo e raffreddore.
Avevo un cuore pulsante a riscaldarmi.
Ma in fondo non si può sperare che i desideri si realizzino ogni anno.

Intanto aspetto risposte, sperando che siano quelle che dico io.
Buona giornata popolo.
Fate cose buone.

The Twilight Saga: Breaking Dawn- Parte Seconda

Vi ho messo paura vero?!
Si, l'ho visto.
Ho sempre ripudiato con tutte le mie forze questa Saga.
Poi un giorno del Novembre dello scorso anno, i miei amici con fare zelante, mi chiesero se avrei voluto vedere la prima parte dell'ultimo episodio di questo film.
The Twilight Saga: Breaking Dawn- Parte Prima
E io, troppo innamorato per discernere a pieno le mie azioni, accettai.
Sapevo per sommi capi cosa mi spettava, ma non pago, andai a cercarmi i precedenti episodi.
Per chi non sapesse di cosa sto parlando, ecco un breve riassunto.
Bella Swan è una giovane castora ragazza amante del Labello alla ciliegia, che col suo carico di aspettative ed espressioni facciali, frequenta il liceo di Forks.
Proprio fra le mura di questa scuola, la giovane Bella conoscerà il fascinoso Edward Cullen, ragazzo amante dei glitter per il corpo e bisognoso di un bravo odontotecnico.
Fra i due nasce un inevitabile amore, ma a rivaleggiare il fascinoso Edward sarà il virgulto Jacob Black.
Anch'egli infatti è bello che cotto per la giovane Bella. 
Ma i due rivali sono anche avversari naturali.
Ben presto infatti si scopre che Edward e la sua famiglia sono tutti vampiri, ed ognuno di essi ha un potere particolare.
Chi legge la mente, chi predice il futuro, chi riesce a dire vuoi quei kiwi velocemente e senza sputare ovunque.
Mentre Jacob si rivelerà un licantropo che fa auuuh.
E la leggenda vuole che fra le due tipologie di creature fantastiche non scorra buon sangue, per chissà quale screzio accaduto secoli prima che nessuno ricorda più.
Andiamo al sodo.
Tutti odiano Bella, e non perché sia particolarmente bella, intelligente, simpatica, dolce, sensibile, piena di interessi, non perché abbia chissà quali capacità, o aspirazioni di conquista del mondo e sono pure sicuro che puzzi un po'.
È utile come un mocio Vileda consunto ma molti, e in particolare i cattivi Volturi, la vogliono morta.
Attraverso peripezie che nemmeno ricordo più, ma che ha fatto guadagnare tanti bei soldini a Kirsten Stewart, l'amore fra i due giovani cresce sempre più fino al desiderio di convolare a nozze non appena la giovane Bella avrà compiuto la maggiore età.
E matrimonio sia.
Non senza problemi Edward e Bella riescono a sposarsi e a volare su un isola in Brasile per il loro viaggio di nozze, dove li aspetta una casa costruita appositamente dai familiari di Edward.
Si, perché la famiglia Cullen ha liquidità praticamente infinite senza fare nulla dalla mattina alla sera.
Tanti dindini, ma nemmeno un centone per un cacchio di apparecchio ortodontico.
Finalmente Bella vede il suo più ardito desiderio, realizzarsi: farsi inchiappettare da Edward.
Ma Edward sa bene che ciò non è possibile finché anche Bella non sarà una vampira.
Perché Edward è velocissimo ma anche fortissimo e non devo spiegarvi io cosa accade ad una virginea castor...ragazza cazzo, ragazza alla sua prima volta.
Sangue e vampirismo non vanno d'accordo.
Ma la carne è carne e vorrei dire che Bella è bella, ma no. Però riesce a convincere Edward a copulare.
Questa notte di passione porterà un frutto inaspettato: Bella infatti è rimasta incinta.
Edward, oltre che velocissimo e fortissimo, ha anche una mira mica da ridere.
Tuttavia la gravidanza si mostrerà complicata: la creatura che la protagonista porta in grembo cresce a vista d'occhio deperendo e succhiando le energie alla giovane madre.
Un succhia succhia continuo.
Al momento del parto Bella ormai ridotta ad una mummia non che prima fosse sto splendore, cerca di mettere alla luce la sua bambina, ma solo una cosa può salvarla: trasformarsi in vampiro.
Così in punto di morte, Edward la mordicchia tutta come una crudités.
Ed eccoci arrivati alla seconda parte che ho visto 2 giorni fa.


Bella si risveglia e grazie ad uno smooky eye è già più figa.
Il frutto del suo amore col ccciovane vampiro è una bellissima creatura di gomma e pixel, col nome di una mela e con la crescita rapida come la panza di Platinette sotto le feste.
In un tempo indefinito ma breve, è già una ragazzina di 10 anni.
Dopo una sfuriata col povero Jacob che a causa dell'imprinting, un collegamento invisibile che si crea tra due persone, non riesce a scollarsi dalla bambina che nemmeno in Vaticano, le cose sembrano proseguire per il meglio.
Un giorno però Irina, la vampira slovacca, vede la bambina e temendo possa essere una dei pericolosissimi bambini immortali, va a riferire il tutto ai Volturi.
Venuta a saperlo, la famiglia Cullen cerca in ogni dove dei testimoni che possano spiegare che la bambina sia metà umana e metà vampira, e che sia destinata a crescere.
Inoltre essi potranno essere eventuali alleati in uno scontro.
Perché spiegarsi a parole mica basta, e poi i Volturi sono de coccio, come la nonna 90enne sorda dal dopoguerra.
Il giorno dello scontro chiarificatore arriva presto, ma solo una visione risolverà la questione. 
Per oggi.
Un film su un amore becero, basato sul nulla, a cui si intreccia un odio atavico del tutto infondato.
Una trama in cui le leggende sui vampiri vengono smontate e rivoltate per diventare degli inauditi no sense.
Una pellicola per ragazzine, scritta da ragazzine, recitata da ragazzine con tutto il rispetto per le ragazzine.


Voto 3 (per il film)
Voto 8 (per la comicità in grado di risollevare anche gli animi più cupi.)

Un po' di numeri...

Benchè la mia prof. di matematica al liceo, il giorno degli esami, mi abbia calorosamente suggerito di tenermi lontano dai numeri, considerando che io sto a calcolo come Papa Ratzinger sta a morigeratezza, mi son dato comunque da fare, ed ecco un po' di numeri.
Prego, la grafica.
Ma soprattutto questo:
Come faccio a ringraziarvi ad un anno dal mio primo post
Come faccio a ringraziarvi per avermi letto, seguito, condiviso, dissentito, commentato, capito, per aver riso, per essere rimasti, essere stati presenti, attenti, carini, pazienti?
Non avevo molte idee, non sapevo se avrei continuato.
Ho proseguito, ho avuto bisogno di tirare un attimo il freno a mano, capire cosa volevo fare del blog.
Ho capito e sono andato avanti, grazie a voi.
E sì, ok, grazie a quanto sono testardo.
Ed eccomi.
Non so se basta, ma
GRAZIE


Tanto non ci somigli!

Stanno arrivando le feste, e su tanti blog ormai si parla solo quasi del Natale, dei regali da fare e ricevere e poi state tutti lì a parlare dei ricordi d'infanzia.
Ecco i ricordi.
Ora, io ho una mia memoria paragonabile a quella dell'80% dei nonnetti ricoverati in geriatria. 
Forse peggio, visto che la Seconda Guerra Mondiale non mi è proprio proprio familiare.
Non che nella mia breve esistenza abbia affrontato avvenimenti di mastodontica importanza, ma quei tre o quattro fatti che mi sono accaduti non me li ricordo mica tanto bene.
Per non parlare dei ricordi dei momenti più emozionanti, che ve lo dico a fare.
Un decoder digitale terrestre durante un temporale.
Nella mia testa si susseguono fotogrammi disturbati intervallati dalla scritta nessun segnale.
Tutto questo evitabilissimo preambolo per dire che io della mia fanciullezza non ricordo nulla. 
Nebbia.
Oscurità.
Come fossi stato perennemente sbronzo.
Ma non vi parlo di chissà quanti anni fa tipo di quando per uno slancio di libertinaggio, scappai di casa dal cancello su retro. 
E avevo tre anni. 
Oltretutto non potrei parlarvene perché a me l'hanno raccontato, per dire.
Parlo dell'infanzia, di me bambino intorno agli 8/10 anni quando le mie guance erano così paffute da non permettermi la completa apertura delle palpebre.
Non mi son rimasti grossi ricordi di scuola.
Non mi son rimasti grossi ricordi dei giochi con gli amici.
Non mi son rimasti grossi ricordi di me a casa o delle estati a mare.
Non mi son rimasti grossi ricordi del Natale.
Solo un eco, nella mia testa, ha sconfitto gravi attacchi di Alzheimer precoce.
Quattro semplici parole.
Tanto non ci somigli.
Detto proprio così.
Dopo "smettila di mangiare", questa è una delle frasi che più volte mi son sentito ripetere da bambino. 
Da tutti.
Già, perché tutti somigliavano a tutti, anche per il moccolo del naso o per i denti storti, io invece, bimbo marchiato a fuoco dalla sfiga quanto dai chili di troppo, non riuscivo a somigliare a nessun personaggio famoso.
E non bastavano i miei tentativi di imitazione di Ivana Spagna in Gente Come Noi, che, detto fra noi, facevo da dio. 
Che poi ti domandi come uno diventa gay. Che lo faccio a fare coming out?
Comunque non c'era nulla da fare.
Così sconsolato, riposi in un cassetto i miei tentativi di somigliare a qualcuno.
Avessi anche smesso di ingozzarmi non sarebbe stata un'idea malvagia.
Trascorsi tutta la mia adolescenza affogando la mia puerile voglia di somigliare a qualche personaggio noto.
Poi, un bel giorno, intorno ai 19 anni uno dei primi ragazzi con cui le cose si facevano serie, mi disse una frase che mi mandò in estasi.
Non "ti amo" e nemmeno "ti vedo più magro".
Mi disse 
Ma sai che somigli a quel tipo di Queer as Folk?!
E io, ancora inesperto dell'ambiente e del mood LGBT, risposi con un sonoro 
Chi?!?!
Che poi non mi interessava tanto chi, io ormai avevo raggiunto la pace dei sensi, e sapere che qualcuno aveva notato una somiglianza
Per scrupolo, quanto per curiosità, mi fiondai carico di speranze a cercare su Google chi fosse costui.
Eccovelo: si chiama Hal Sparks, e manco a dirvelo nella serie non era il più bello, anzi era abbastanza sfigatello, e continuo a pensare che non c'entrassi nulla, ché quella fronte così ampia non l'avrò mai. 


Ma chissene.
Il mio sogno si era avverato. Qualcuno ci credeva. Giubilo e approvazione a iosa.
Ma, si sa, il karma sa punirti quando meno te lo aspetti e da quel momento si è aperto un mondo di somiglianze totalmente a random.
Prima Broke Harrison dei Pokemon, grazie ai miei occhi a fessurina che quando sorrido diventano ancora più a fessurina.


Poi, non ricordo nemmeno più chi, mi paragonò a Jim Sturgess.
No, ditelo pure: chi cazzo è?!


Non è bastato lo sclero a ricordare i nomi e gli sputacchiamenti a cercare di dire il nome, ma alla fine, se come me non lo sapevate, Jim Sturgess è un attore anche discretamente famoso.
Dopo Sturgess toccò ad Ashton Kutcher a farmi da sosia.
Mica faccio io da sosia a lui. 


Questa somiglianza nacque dall'allora mio ex che, nel tentativo di far passare sottobanco la nostra differenza di età, uscì la storia del ToyBoy. Ma no, lui non somigliava a Demi Moore, per fortuna.
E potevo anche ritenermi appagato, ma siccome che ci piace di buttarci la zappa sui piedi e siccome nelle vite passate devo essere stato davvero brutto e cattivo, il karma ora mi rema contro,  equipaggiato con un motore elettrico fuoribordo da 40 cavalli.
E quindi via altre somiglianze a random.
Una sera, amiche di amiche, fissandomi, mi dissero che somigliavo a Tom Cruise in Top Gun.



Che se non mi stesse particolarmente sulle scatole e fossi d'accordo alla millantata bellezza che tutti gli accollano, l'avrei presa come un complimento.
E invece no.
Poi è cicciato fuori su G-Day, il programma di Geppi Cucciari su La7, un certo Filippo Scicchitano.


Anche per lui mi è partito un chicazz'è!?! a starnuto come nel periodo dei pollini, ma Google mi dice un attore.
E non vi ho raccontato del signore in sala d'aspetto dal dentista che mi disse che somigliavo ad un calciatore di cui non ricordava il nome. Figuratevi se potevo aiutarlo io che non so nemmeno come sia fatta una palla, ma alla fine c'è arrivato.
Kakà, che non è una brutta parola, ma è stato un calciatore del Milan.


Ora, magari non è che sia stato tanto fortunato con le somiglianze che mi hanno affibbiato, ma tu caro compagnetto, che di etto ormai hai solo la ciccia sotto il mento,  che non trovavi somiglianze fra me e un qualche personaggio famoso, non stupirti se al tuo dolce e flemmatico
Con 50 centesimi in più hai il menù completo.
io risponderò inacidito
e invece ci somiglio ah ah!
perché te la sei cercata come i brufoli dopo i torroncini Condorelli.



Ps. Voi a chi somigliate?




Premio Simplicity

Shame on me, I'm late for this.
Ringrazio Britney che mi ha consentito di parafrasare un suo profondissimo testo per farne un incipit a questo post, per cui ho fatto trascorrere ere geologiche.
Perdono.
Due mesi or sono, sono stato omaggiato del Premio Simplicity sia da Olòrin  che da Cherry.

Devo essere sincero, mi era quasi passato di mente.
Cioè è un premio, e Wikipedia mi insegna che premio è un riconoscimento di un'attività, di un gesto, di un'opera e comunque di qualcosa di eccezionale.
Ecceziunale veramente. 

Quindi ringraziare è il minimo, e farne un post è dovere.
So che anche altri beddi picciotti ci hanno tenuto a nominarmi, e, col tempo, farò in modo di ringraziarli. 
In soldoni è un modo per farsi conoscere, ma ben venga specie se blog più piccoli, nuovi ma comunque interessanti riescono a venire a galla in questo ginepraio che compone la blogosfera.
Andiamo al sodo, che già vedo le vostre gonadi infrangersi come spuma sugli scogli.
Il Premio Simplicity ha 3 semplicissime regole che poi tanto semplici non sono.
Semplicità una ceppa.

  1. Rispondere alla domanda "Che cos'è la Semplicità?"Credo che sia una delle domande più intricate che possano rivolgersi ad una persona. Cadere nella banalità è facile. Cercherò di essere breve.
    Per me la semplicità non esiste. Specie fra gli uomini.
    Abbiamo voluto evolverci, per poi involverci su noi stessi. Abbiamo perso l'abilità di apprezzare le piccole cose, i piccoli gesti, la purezza dei sentimenti.
    Abbiamo voluto e vogliamo sempre di più. Per poi non avere nulla.
    Viviamo in uno stato di intorpidimento dal materialismo, dall'arrivismo, dalla violenza, dal volerci approfittare di chi si dimostra benevolo con noi.
    Forse Semplicità è involvere.
    Non lasciare i beni comuni, vivere una vita ascetica.
    Sarei ipocrita a dirlo visto che scrivo comodamente da un pc, vi rispondo da un iPhone e mangio patatine che farebbero venire il colesterolo anche fra i capelli.
    Ma forse Semplicità è imparare ad apprezzare ciò che abbiamo, ciò che siamo, con tutti i difetti e le imperfezioni.
    E' una strada lunga e difficile da percorrere.
    E va bene così.
  2. Dedicare un'immagine a chi ti ha donato il premio.
    In questo caso a due persone.
    Ad Olòrin, che mi sembra un ragazzo molto rispettoso dedico proprio il gesto del rispetto.
Yo brò, respect!

A Cherry, che mi sembra una tipina impegnata, con l'augurio che lo prenda ad esempio dedico questa immagine.

        Fermate 'nattimo e magnate sta torta ( con la ciliegia).

   3.  Donare il premio a 12 blogger.
        Dodici sono un tantino troppi.
        Facciamo che lo dono a
        LaQ
        N2O
        Misciu
        Aleja
        Ellie
        Maris
        Nina
        Melinda
        Frufru
        E basta.

Quindi ringrazio ancora chi mi ha premiato. Conto di passare il 6 gennaio casa per casa.
Intanto accontentavi.
Mi piacerebbe comunque sapere, da tutti, cosa avrebbero risposto alla domanda su cosa sia la semplicità. 
Ritenetevi quindi un po' tutti premiati.
O puniti.
Dettagli.
A presto.

Come non detto (2012)

E come sempre, quando fuori fa freddo, è buio e non c'è Tiziano Ferro #battutetristi l'unica cosa da fare è chiudersi in casa e spararsi un filmetto.
No, niente porno.
Questa volta è toccato a Come non detto.
Mattia, il protagonista, è un ragazzo qualsiasi. 
Tranquillo, studioso, educato, pulito, omosessuale e fidanzato con Eduard. 
Come un ragazzo qualsiasi.
Il problema è che Mattia non ha fatto coming out con la famiglia.
A sapere di questa sua identità sessuale sono solo gli amici più cari, e le voci di corridoio che maliziosamente si spargono a scuola.
Ah, si e ovviamente il fidanzato, che a me sembra francese ma pare essere di origini spagnole, conosciuto per caso qualche tempo prima.
Da omosessuale spagnolo Eduard si porta dietro tutta la libertà d'espressione e sessuale che il popolo ispanico, fra le sue contraddizioni ma nessuno è perfetto, conosce.
Ma Mattia è un romano di Roma. 
Senza accento a dire il vero.
Vive in una famiglia medio borghese da Mulino Bianco, ma che al suo interno rivela un padre fedifrago e fimminaro, amante dello sport più virgulto, il rugby, una madre apprensiva, delusa, in cerca di approvazione, una sorella coatta che sforna bambini come Antonio Banderas sforna cornetti, e una nonna progressiva che cerca lavoro, a 83 anni.
Ma Eduard tutto questo non lo sa e giustamente vorrebbe vivere il rapporto in maniera normale, conoscere la famiglia di Mattia, vivere con lui.
Ma Mattia proprio che nun gliela fa di dirlo ai genitori. 
Ma lo capisci pure bene: anche se sei stato una vita ad assecondare e rendere orgoglioni i tuoi, certe cose, cose serie, importanti, possono ribaltare tutto. 
O almeno la paura che sia così. è forte.
E quindi trova una via di fuga: raccontare al fidanzato di essersi dichiarato, ma trovarsi un bel lavoretto in Spagna dove fuggire per vivere e amare liberamente lontano dalla famiglia. 
Tutto bello, tutto perfetto, tutto uau
Ma Eduard tanto caruccio core de mamma, decide di raggiungere Mattia e la sua famiglia per festeggiare la partenza verso lidi iberici.
Panico, paura, ascella pezzata.
Non è vero, Mattia è troppo perfetto per sudare come Maria de Filippi. #tantoodio
Comunque Eduard non deve raggiungere la famiglia di Mattia.
Non può. 
S'ha da trovare un modo per fermarlo.
E il modo si trova pure, ma Mattia e al culmine e... poi vi guardate il film perchè vi ho detto già troppo.
Una commedia leggera ma ben costruita nei giochi di flashback, condita da dialoghi brillanti, che coglie buona parte dei problemi, degli stati d'animo del coming out. 
Una manifestazione dei pregiudizi che molte volte siamo noi stessi a crearci, quando, in realtà, è tutto più semplice, e dando un barlume di speranza e positività a chi si è incagliato, purtroppo, fra questi pregiudizi.
Toccando indirettamente la mentalità chiusa di una Italia contemporanea, il film capovolge la più inflazionata visione del mondo gay cinematografico: la vera macchietta sono le persone normali, non il gay.
Un film molto film, ma che rispecchi buona parte degli omosessuali italiani, strappando pure qualche risata che buttala via.

Voto 7 e mezzo

Io non porto i pantaloni rosa

Io sono rosa.
Ho mille e più sfumature di rosa.
Così tante che non riesco a contarle.
Il mio blog è rosa, lo è sempre stato e lo sarà.
Ma non soffermatevi su questo colore.
Dentro me ho anche l'azzurro più intenso, il giallo più luminoso, il rosso più vivido...
E mi piace vivere di questi colori.
Mi piace mostrali a chi mi piace.
Mi piace giocarci.
Mi piace viverli.
Anche Andrea dentro di sè aveva mille sfumature. 
Probabilmente così tante che nemmeno riusciva a contenerle.
Ma tutti si sono fermati a guardarne una.
Perché in Italia non serve che tu sia unico. 
Serve che tu sia identificabile.
Meglio ancora se sei additabile. 
Meglio ancora se sei debole, fragile.
Meglio ancora se nessuno ti aiuta.
Meglio ancora se non fai parte di un branco di furbetti di quarta categoria.
Andrea era stanco del rosa.
Ha preferito lasciare che gli altri vedessero ciò che volevano, perché non basta mostrarsi al mondo per quello che si è. 
Il mondo vedrà solo quello che vuole vedere.
Solo quello che fa ridere i furbetti di cui sopra.
Solo quello che consente agli altri di additarti più facilmente.
Solo quello che il più delle volte non sei.
E se lo sei, il mondo preferisce usarlo per insultarti.
Per torturarti.
Ancora e ancora.
Dal gioco alla realtà il passo è breve, perchè di mezzo ci sono le intenzioni.
Andrea se ne è andato a 15 anni.
E poco mi importa se a lui piacesse il rosa, il giallo, il nero.
Poco mi importa se lui volesse stare con Marta, Mirko, Alessandra, Antonio.
Poco mi importa se avesse lo smalto.
Poco mi importa se indossasse i pantaloni rosa, la gonna, non indossasse nulla.
Andrea se ne è andato a 15 anni.
Perché era solo.
Perché non voleva essere additato.
Perché voleva essere considerato per la sua unicità.
Particolarità.
Diversità.
Perché siamo tutti diversi, ma alla fine tutti simili.
Poco mi importa se Andrea fosse omosessuale. 
Poco mi importa se si chiamasse Davide, Matteo, Martina.
Quel che mi importa è che adesso non c'è più.
Ma restano gli insulti.
Restano le umiliazioni per essere quel che si è o non si è.
Restano le persone che non vedono i colori.
Resta la chiusura di coloro che non capiscono la diversità.
Resta la povertà di un Paese che non apprezza la sua primaria fonte di bellezza.
La Diversità.
Ad Andrea, Davide, Marta, Mirko, Alessandra, Antonio, Matteo, Martina e a tutti coloro che hanno scelto di vedere rosa per sempre, piuttosto che sbiadire in una massa grigia.
A tutti coloro che hanno il coraggio di essere ciò che sono alla luce del sole, e a coloro che lo troveranno un giorno.

Io penso.

Io mi scuso.
Mi scuso per questi giorni di silenzio e assenza.
E mi scuso per aver iniziato l'ennesimo post con delle scuse.
Ebbasta, perché non posso mica scusarmi di essermi scusato delle scuse.
Che succede Pier?
Why are you acting like a bitchy Diva?
Ndó stai?
Che fai?
La risposta è penso.
Penso tanto.
Molte volte mi domando come il mio blog abbia preso questa piega frivola, leggera come un Kinder Bueno.
Ma subito dopo mi rispondo, senza poi rispondermi.
Conoscendomi so bene che non riuscirei mai ad essere profondamente introspettivo, a riversare su queste pagine i miei pensieri. 
Il perché non lo so effettivamente. Ma questo sono io. 
Non so esprimere i miei pensieri in maniera diretta.
E non voglio farlo.
E non mi interessa.
La fiducia porta ad aprirci verso qualcuno. 
Ci porta a svuotare le tasche dei nostri pensieri e a riversare il contenuto su un tavolo esposto agli occhi del nostro interlocutore. 
Ma c'è chi di fiducia ne ha data tanta, troppa. 
Anche quando questa fiducia era una merce rara in quell'esatto momento di crisi, che nemmeno il Fiscal Compact.  
Uno scambio iniquo per un bene più alto
Ma c'è chi non si è limitato a guardare, quanto piuttosto a parlare, a giudicare tutte le cose riversate su quel tavolo. 
C'è chi non ha consigliato, c'è chi ha tradito, c'è chi ha lasciato, stare.
C'è chi ha spezzato quella fiducia che puntava ad altro, magari a trovare semplicemente un equilibrio. 
E c'è chi ha imparato a tenere quelle tasche chiuse, a non mostrare niente a nessuno. 
Niente. Magari è un parolone. C'è chi impara a manovrarsi e a manovrare. 
Ad armeggiare in quelle tasche prendendo solo quello che gli altri possono vedere. 
Le carte più belle nel gioco a chi deve vincere.
Ti metti un sorriso, un po' di correttore aranciato di quello buono Kiko e un filo di gloss che non guasta mai.
La superficialità, questo rosa, è una casa troppo comoda per essere abbandonata. 
Una safe zone, un grembo. 
Ha tanti specchi per controllare se le sopracciglia sono a posto. 
Ha mura solide. Ha luce e sorrisi.
Ma l'articolo 1571 c.c e seguenti stabiliscono che il contratto di locazione ha un corrispettivo e le leggi del mercato immobiliare sono dure. 
E le mura diventano troppo spesse, la superficialità diventa una necessità. 
Diventa schiavitù. 
E la schiavitù è abbandono della condizione umana.
Ma la superficialità fa parte della condizione umana.
Della mia?
Io penso.
Ma non riverserò qui i miei pensieri, e purtroppo non ho spazio per assorbire anche quelli degli altri, al momento. 
Non tutti almeno.
Le mura del castello sono troppo strette per farci entrare tutti. 
Forti per ripararci, ma piccole per contenerci. 
E c'è chi non può scappare da queste mura.
E chi deve sapere cosa penso, che fa?
Saprà, ha saputo, o sta sapendo. In qualche modo farà. 
Forse sarò io stesso a informarlo. 
Forse avrà letto fra le righe. 
Forse avrà capito più di quanto volessi.
Io penso. 
Ma la verità, forse, non la so nemmeno io.

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